«Una delle caratteristiche principali della donna è che essa è in grado di fare qualsiasi cosa per amore di un essere umano» (C.G. Jung)
Partiamo dall’etimologia di femminile, da fe-mina, che fa riferimento alla radice sanscrita Dha, in greco Tha, in latino Fa, e che significa allattare: femminile, pertanto, è chi allatta, nutre, partorisce, genera; in senso traslato è colui/colei se sa incoraggiare, stimolare e“nutrire” l’animo del prossimo.
Vi faccio un esempio: un venditore, magari porta a porta, che cerca in ogni modo di spillarvi una firma su un contratto, sta cercando in maniera attiva/maschile di arrivare/conquistare la meta (la vendita), un altro venditore può invece presentare e valorizzare al meglio il prodotto in maniera passiva/femminile e accogliere/attirare a sé la meta (la vendita).
Chiaramente, il buon venditore o meglio aggiungerei il buon leader (e in generale un essere umano integro) dovrebbe avere quanto una polarità maschile razionale, volitiva e coraggiosa quanto una polarità femminile di guida, stimolo e accudimento.
Femminile è ciò che supporta quindi l’essere e il mondo e, che ha a che fare con chi entra empaticamente in rapporto con l’altro, che “nutre”, che “allatta”, per vivere insieme un’esperienza di intensa partecipazione.
Ognuno di noi ha sia energia femminile che maschile dentro di sè. Ora, la chiave è comprendere con quale polarità si ha più spesso a che fare. Il problema non è tanto che ci sia interiormente un “maschio femminile” o una “femmina maschile”, ma che siano presenti delle ferite.
L’inconscio collettivo dell’umanità si trascina una grossa ferita sul piano femminile, a livello invece di inconscio individuale ovviamente ognuno di noi può portare differenti ferite a seconda del suo vissuto, della sua infanzia, del suo prenatale e addirittura delle sue vite passate.
Sarebbe troppo pretenzioso in un articolo su un blog analizzare tutte le possibili ferite interiori a carico della polarità femminile, ho scelto dunque di parlare brevemente dell’archetipo della Madre, il quale ci riguarda tutti (maschi e femmine di ogni età e cultura); argomento fondamentale per il lavoro di consapevolezza interiore, dove purtroppo a volte possiamo scovare qualche ferita (con l’obiettivo evolutivo di guarire senza giudicare).
Come tutti gli archetipi, anche quello materno, che è molto potente, è di natura ambivalente: un aspetto luminoso che corrisponde alla Madre intesa come nutrimento totalmente benevolo e benefico e un aspetto “ombra” costituito dall’idea di Madre “divorante”, colei che, proprio nell’accogliere e portare a sé, può realizzare una fusione tossica che impedisce l’autonomia e la crescita dell’altro.
Questi due aspetti dell’archetipo rispecchiano a livello più generale la duplicità/ciclicità del femminile, inteso come principio della psiche: ad esso si riconducono i misteri del ciclo vita-morte-vita. Il femminile inteso come Madre Terra è l’elemento che dona la vita e al tempo stesso la riprende in sé dopo la morte perpetuando i cicli della Natura.
La donna ovviamente più dell’uomo, riproduce in sé questa alternanza ciclica non solo nelle funzioni biologiche corporee (i cicli mestruali, la gravidanza), ma nella ciclicità che le impone la vita psicologica.
Ogni donna si trova a fare i conti con almeno tre generazioni e a rapportarsi fuori e dentro di sé con queste tre dimensioni della femminilità: la bambina/figlia, la donna adulta/madre e l’anziana. Queste tre caratteristiche possono alternarsi o coesistere simultaneamente nella psiche di una donna a prescindere dalle fasi del suo ciclo vitale (e dal fatto che abbia o meno figli propri).
Le antiche civiltà umane erano di stampo matriarcale: il femminile e il mistero del ciclo di morte-rinascita era reso oggetto di culto e il simbolo di esso era il cerchio a sottolineare proprio la ciclicità di tutto ciò che riguardava il mondo del femminile venerato come Grande Madre, Grande Dea o Dea Madre.
La Dea Madre, La Natura, la mamma, tutte immagini di colei che genera il corpo che ospiterà l’Anima immortale in questa vita, colei che cuce il vestito dell’Anima, utile per esperire questa esistenza nel mondo.
Col concetto di Uroboro Matriarcale, Neumann ci dice che nello stadio antecedente alla nascita e alla vita nel mondo, l’”io” non è ancora cosciente, è totalmente immerso nell’inconscio (utero materno, buio, liquido amniotico) ed è dunque ancora identificato con l’anima; solo dopo la nascita grazie all’apparato psico-fisico potrà piano piano iniziare il “viaggio” e sviluppare una personalità, da abbandonare poi nel momento del “ritorno alla fonte”.
L’utero è il qui e ora. La vita gestata in esso è inconscio puro, ed è dunque dall’inconscio materno che nasciamo. L’utero simboleggia il Tutto, la Creazione e il Cerchio della Vita.
Questa fase intrauterina è tutta emozioni. Le stesse emozioni primitive che verranno poi convogliate nella corteccia cerebrale dal sistema limbico.
Queste emozioni sono informazioni che ci mettono in contatto con i nostri stati d’animo attraverso il sentire che arriva dal mondo interiore.
Dunque la nostra prima relazione esperita nella vita è quella con la madre, comprendete ora perché è un archetipo così importante.
Il nostro pre-sentire, le nostre percezioni sottili e anche un certo “sesto senso” (predisposizione per un futuro canale intuitivo) ricevono il primo fondamentale imprinting emotivo proprio in quei momenti di gestazione, ma attenzione di conseguenza si possono generare anche i primi aspetti ombra, ovvero i bisogni.
I bisogni emotivi irrazionali nella vita diventano spesso dipendenze di ogni sorta e non solo affettive. Persino a sessant’anni quando un bisogno interiore emerge prepotentemente dall’inconscio, noi ci ritroviamo ad essere come bambini in balia di un pianto e abbiamo dunque bisogno della nostra madre interiore che ci venga a curare la “bua” oppure a sgridarci (a seconda di come abbiamo percepito ed introiettato la figura materna nella nostra vita intrauterina e nella prima infanzia).
In astrologia evolutiva l’archetipo femminile è la Luna. Dove essa è presente nel nostro tema natale e come interagisce con altri pianeti ci può essere utile per comprendere i nostri bisogni, e mozioni, l’aspetto materno e dunque meglio lavorare su noi stessi in consapevolezza e integrare al meglio l’energia femminile che vibra in noi.
Per analogia ritroviamo la stessa simbologia nella lama XVIII La Luna dei Tarocchi. Anche se altre carte esprimono singoli aspetti e sfaccettature femminili (La Papessa, L’Imperatrice e in parte anche La Giustizia, La Forza e La Stella), La Luna è per definizione, come in astrologia, il Femminile Sacro.
La Runa Berkana infine, archetipo della Dea Madre, dell’accoglienza e della creatività, ci ricorda che anche una Dea, se si dimentica di essere tale e nella passività, nella lamentela e nelle dipendenze da bisogni irrazionali re-agisce alle situazioni esterne, finirà per vivere nel senso di colpa di non aver fatto ciò che le spetta di diritto, ovvero padroneggiare se stessa e dunque la Natura e dunque l’Universo.
Concludo con un mio motto/mantra che a mio parere può essere utile per padroneggiare l’energia femminile: “non voglio che qualcun altro decida come mi devo comportare. Sono io a decidere come comportarmi. Sono uno/a che agisce, non che re-agisce. Amo il mio prossimo come me stesso e mi prodigo nel nutrire la gioia altrui come fosse la mia”.
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